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7° Desert Tour - Tunisia - 26 Dicembre 2011 / 9 Gennaio 2012

Aperto da Felino68, Gennaio 17, 2012, 19:24:35 PM

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Webbo

Per cortesia non contattatemi in privato (via PM o mail) per aiuto o consulenze tecniche, postate pubblicamente, e se vi posso aiutare lo farò volentieri.

mario

Quella di Gian è il 650 che dovrebbe essere quella in secondo piano
......nati non foste a viver come bruti.....

Webbo

no, non è nemmeno quella, quella del Gian ha un cupolino aftermarket
Per cortesia non contattatemi in privato (via PM o mail) per aiuto o consulenze tecniche, postate pubblicamente, e se vi posso aiutare lo farò volentieri.

Felino68

   Ce l' ho, ma ImageShack non mi fa più caricare immagini.  >:(
"Hic sunt leones"
Vespa PX 125, Morini Canguro 350, Cagiva Elefant 650, Vespa PX 150, Honda XR 650 R AE, Honda NX 650 Dominator.

Tacco

...se davvero il Gian avesse avuto le palle sarebbe andato con la Marathon  :P

...ciao Gian...un abbraccio dal tuo pestilenziale e rumoroso compagno di tenda...gran bel viaggio è stato!  ;D
Il Tacco enologo ubriacone "a chi non beve vino Dio neghi anche l'acqua"

Gian_paolo

Ha ragione il webbo, la mia eccola qui insabbiata per benino :D


e ha ragione il Tacco (che saluto rumorosamente, ma ti annuncio che il tuo "ronfio" era una delizzzia in confronto a quello del socio di quest'anno :-X): se avessi avuto le palle, grosse come angurie però, ci sarei andato con la Marathon (ma come ca$$o facevano a portarle sul sabbion? :o)

Felino68

#51
  Rieccomi. Non per essere pedante, considerato anche che è passato molto tempo, ho ampliato il report del viaggio in Tunisia, che come avrete capito, mi è rimasto nel sangue, facendolo diventare un papiro. Limito la pubblicazione al solo giorno del 30 dicembre 2011, che è quello che ho passato in moto. Ho ripercorso istante per istante tutto quello che mi e successo e tutto quello che mi è passato per la testa, con l' unico scopo di rendere un servizio a tutti coloro che a digiuno di esperienza, volessero in futuro cimentarsi in un desert tour. L' obbiettivo è quello di offrire una panoramica spero completa di quello che ci si deve aspettare. Almeno per il tipo di terreno scorrevole ma insidioso, per me, che ho percorso. Non giudicatemi male, ma considero questo report come il mio figliolo, e vorrei che consideraste questo approfondimento come il mio contributo a questo splendido forum. Un saluto a tutti e, spero, buona lettura.

   30 dicembre. Arriva il gran giorno. Mobilitazione generale nel parcheggio. 
Chi tira giù le moto dai carrelli, chi già le ha accese, chi si veste, chi fotografa, Giovanni prende dimestichezza col quad che sembra un paperino sfiatato (ciclomotore 2T, 50cc con variatore, tipo Motobecane) con grande rabbia, i macchinari fanno gli ultimi preparativi, Aref è già arrivato con gli altri due pick up d' appoggio, ed ora tocca a me. Vestito da pagliaccio, sotto lo sguardo vigile e severo di Webmaster ed Enrico70, gli altri due xristi 650 del forum, mi accingo ad avviare il mio porco. Maledizione, e se ora mi succede quello che è successo al porto ? Ora faccio la procedura così come qualcuno l' ha descritta nel sito, così faccio pure vedere che ho studiato. Aria tutta tirata un calcio. Decompressore tirato, aria chiusa e cinque calci. Calcio di avviamento e.......niente. Secondo calcio....e niente. O ca**o. I due docenti si fanno scuri in volto. Gioco l' ultima carta. Aria a metà e calcio. Parte. Mi attacco alla manopola del gas così che non si spenga più. I due prof. si guardano, annuiscono e passano oltre. Esame superato.
   In carovana ci muoviamo per andare al distributore e fare il pieno, tutti, macchine moto e quad. In attesa del rifornimento, Marta chiede se qualcuno avesse perso le chiavi di una Toyota. Controllo nel marsupio e mi accorgo di averlo lasciato aperto. Le chiavi mi erano cadute nel parcheggio dell' hotel. Con l' immobilizer la macchina non si sarebbe più mossa di lì. Grandissima rogna scampata !  Un ragazzo di Douz si pavoneggia davanti alla nostra carovana ferma al distributore, facendo le penne col suo motard. E noi con aria di sufficienza : "Pfui, fa tutto il ganzo, ma lui non sa cosa stiamo andando a fare noi". Mi sa che lo sapesse, per questo si è fatto il motard e resta sull' asfalto ! Regoliamo la pressione delle gomme e via. Ci muoviamo, attraversiamo Douz, poi dirigiamo a Sud verso una piantagione di palme da dattero e poi deviamo dall' asfalto a sinistra verso la pista. Nei due sensi di marcia cammelli e carretti trainati da asini, carichi di donne e bambini festosi. 
   Inizia la pista sabbiosa, inizia l'avventura e....badabam. Felino vince la coppa per la prima caduta al Desert Tuor. ca**o, ma l' avevo scritto che avevo bisogno di un tutorial per la guida sulla sabbia. Non ti preoccupare, mentre vai impari, mi fu risposto. Gli amici del Nord Est, dietro di me, subito si fermano e chiedono se tutto fosse ok. La caduta era innocua, il vestito da pagliaccio ha funzionato e la sabbia era soffice. Il morale invece è rimasto a terra sotto la moto. Webbo impietoso, scatta subito una foto. Rialzo la moto ma nessuno riparte. Jil mi spiega che sulla sabbia bisogna procedere dando piccoli colpetti di acceleratore specie in partenza o quando il fondo si fa molle, per evitare che la ruota posteriore affondi scavando per la troppa potenza, perdendo trazione. Il rallentamento così provocato non consente più alla ruota anteriore di galleggiare sulla sabbia provocando così l' impuntamento e la caduta.
    Arriva Mario tutto incazzato per la prima perdita di tempo, e mi redarguisce : "Tieni il culo sulla targa ! " Ma per quanto chiappone, fino a lì non ci arrivo proprio. Due consigli preziosi. Ripartiamo, la moto va, sul culo mi si imprimono i caratteri della targa, stranamente non cado, riesco a mantenere l' equilibrio e la moto va, va che è un piacere. Dio com' è difficile, quanto precaria è questa condizione, quante variabili non controllabili ci sono in gioco, ma quanto è bello. Mamma che avventura. Inizio a guidare in trans. Ancora oggi a mesi di distanza, mi rivengono addosso quelle sensazioni fisiche. Il posteriore della moto che scoda, me ne accorgo perché sento continuamente la colonna vertebrale flettersi prima a destra poi a sinistra senza soluzione di continuità, ma a me non importa, sono concentrato, con braccia e spalle piantate sul manubrio, coi paraocchi, a vedere dove va la moto, si, dove va lei, non dove la conduco io. La teoria dice di tenere sempre le spalle parallele al manubrio, ovviamente in piedi sulle pedane, e dirigere la moto tenendola strette tra le ginocchia, spostando il peso nella direzione verso cui si desidera andare, ed accelerando nel contempo per far scodare il posteriore che così chiude la curva. Ahahahahah..... ma chi sono io, Mandrake ? Su questa moto avrò fatto, si e no, 700 km di asfalto da quando l'ho comprata. Sono un incosciente ed il Dicloreum sembra tenere a bada il mio cronico mal di schiena.
    Giovanni non lo vedo, ma so che è dietro di me. Ogni volta che rallento mi sorpassa. Va bene così,  In questo viaggio ho sempre fatto da navigatore, ma c'è un problema. Dove minchia dobbiamo andare ? Seguite la pista è stato detto. La pista è pesantemente segnata dalle carreggiate profonde delle auto e diverse vie alternative si aprono a destra e sinistra. Il modo più sicuro per chi non sa dove andare è restare lì, sulla pista principale. Ma le carreggiate delle auto sono il peggior nemico dei motociclisti. La paura di ficcarsi nel binario e di cadere non riuscendone ad assecondare il tracciato, è sempre presente. Per diminuire il problema bisogna andare veloci. Stringo i denti, aumento la velocità, sul culo mi si può leggere anche la provincia di provenienza, acquisto fiducia ma non mi rilasso. Non riesco ad usare le leve a pedale. Ho i piedi a papera e gli stivali sono comodi, ma ingombranti e rigidi. Non riesco a trovare il pedalino del freno a destra. Mi viene in mente la modifica fatta da Enrico70 sulla sua moto, dove lo ha allungato. Non riesco ad infilare la punta del piede sinistro sotto la leva del cambio per mettere le marce superiori. Meglio così perché sono già intorno ai 50 km/h. Non riesco ad essere sciolto e disinvolto come vorrei, ma il motore è generoso ed il cambio non mi serve più di tanto. Per il freno è un' altra storia, perché dopo qualche tentativo si riesce a trovare, ma la frenata è goffa. O troppo, o troppo poco. All' improvviso delle curve in successione con leggero sali scendi mi distolgono da questi pensieri, cerco il freno ma non lo trovo (l' anteriore è tassativamente proibito in fuoristrada, pena caduta sicura), carreggiate esagerate, e........badabam. Il morale è di nuovo incastrato sotto la moto. Giovanni subito si ferma e mi aiuta a rialzarla. Tutto ok. Si continua.
  Come nelle migliori scuole, si passa alla difficoltà successiva. Se non vuoi affogare nelle carreggiate degli altri, apriti una strada parallela sulla sabbia vergine. Al briefing della sera prima, tra le altre cose, Mario ricordava di non passare mai attraverso i ciuffi di erba cammello, di cui questa prima parte di deserto è disseminata, poiché le radici della pianta rendono il panettone di sabbia alla base dell' arbusto, duro come il cemento, col pericolo di essere catapultati via dalla moto. La paura di allontanarsi dalla retta via è tanta, perché o guardi dove metti le ruote  o guardi dove va la strada principale. Decido di allontanarmi dalla pista, poco poco, ma non ho ancora chiaro il da farsi. Avrei dovuto trovare della sabbia piatta e percorrerla, invece mi butto giusto sulle dunette adiacenti. La teoria dice che per scavalcare una duna bisogna abbordarla a velocità allegra, proporzionale all' altezza della duna stessa, con il peso al centro, in piedi sulle pedane per assecondare le variazioni di inclinazione longitudinale della moto, ed arrivare in velocità quasi fino in cima. Lì chiudere repentinamente il gas ed eventualmente frenare, quanto basta per fare in modo che la sola ruota anteriore si trovi oltre la cresta con la moto già in discesa, e via così con le successive. Io invece vado a velocità costante ! Che pirla !
   Scavalco la prima dunetta e la moto vola, ok, ancora un'altra, un' altro volo, ma la moto atterra sbilanciata sulla ruota davanti, i piedi mi si sollevano dalle padane ma riesco a mantenere il controllo e non cado, una terza duna, ancora un volo, ancora i piedi si staccano dalle pedane, ma stavolta la moto si punta sull' anteriore ed inizia ad andare dove vuole lei in un crescendo di sbandate e deviazioni repentine incontrollabili. Per fortuna la merda si era rappresa tra culo e parafango e sono rimasto in piedi. La ruota anteriore, ancora fuori controllo, punta un ciuffo di erba cammello ed io inizio a gridare anticipando la caduta, ma miracolosamente la sospensione assorbe il tutto. Dulcis in fundo Giovanni nella mia stessa condizione con il quad, mi taglia la strada e per un pelo non lo becco. Riesco a fermarmi tiro un sospiro di sollievo. Avete presente le reclute mandate al macello in trincea ?Chiedo a qualcuno, non so neanche a chi, "ma quando ci fermiamo ?". " Più avanti c'è il Caffè la Porte du Desert, ci fermiamo lì ". Rincuorato riprendo, sembra che tutto proceda bene, cado ancora ma poca roba, il problema sono sempre le carreggiate. Ma ormai sono quasi un professionista !? In una curva verso sinistra, la moto prende sotto (tende a cadere verso l' interno della curva), l' anteriore tende a piantarsi nella sabbia molle delle carreggiate e sto per cadere. Ma la gamba sinistra, per conto suo, dà una zampata per terra raddrizzando la moto ! In quel momento non ho pensavo a niente. E' venuto tutto in automatico. Sento ancora il puff dello zampone che affonda nella sabbia, la pressione sul ginocchio e la moto che si raddrizza, raddrizzando anche me. Non hai tempo per pensare, se lo fai cadi ! Il deserto scorreva veloce tutto intorno a me, ma io non vedevo nulla. Sono in trans. Mi rendo conto che anche ad attraversare diagonalmente le carreggiate, in velocità, si riesce a rimanere in piedi. Basta non sbilanciarsi. Non mi dò merito di ciò, ho l' impressione che sia la moto a fare tutto. Finalmente il terreno a tratti diventa più compatto e lì mi posso sedere e riposare. Arriviamo al Caffè, Giovanni poco dietro di me.
   Bene, ora mi riposo un pò, mi prendo il tanto agognato tè alla menta e faccio qualche foto. Sono disorientato. Il battesimo delle sabbie è stato più duro del previsto. Per fortuna Webbo si avvicina e mi mette un braccio sulla spalla. Nico scatta una foto. La mia faccia tradisce la mia stanchezza e la mia tensione. Ma anche Webbo non sembra poi così fresco ! Sempre lui mi inizia a prendere per culo, perché in una delle cadute ho spaccato il fianchetto destro della moto, e da lì iniza un pò di "casciara" tra di noi che eravamo presenti. Va bene così, mi piace questa atmosfera. Lo scherzo e le risate rendo no la fatica e la tensione più sopportabile.
   Raccolgo le idee sul da farsi, .......e qualcuno inizia a gridare : "In marcia, siamo in ritardo". Ma come, sono appena arrivato, sono morto, il tè ? Di nuovo in sella. Questa volta la pista è più clemente. Più rocciosa e si può andare meglio. Gli amici del Nord-Est con i Ktm si vede che sono a loro agio su questa superficie perché vanno molto spediti ed impostati. Io dietro di loro, ma non riesco a tenere il passo, gli altri dietro di me. Credo. Penso, meglio il sasso che la sabbia, quando il fondo diventa una sassaia maledetta, aguzza, pericolosissima in caso di caduta. Trema tutto. Il fondo un tappeto pietre tagliate nere delle dimensioni di una grossa arancia, le pietre più grosse modello anguria o più grandi, messe ai margini della strada pronte a dare il colpo di grazia. in quel tratto di pista maturo l' idea che sto prendendo dei rischi inaccettabili. Decido di rallentare. Paolo, sempre aggressivo col suo Patrol GR, incombe dietro di me. Si sposta a destra della pista per sorpassarmi. Andiamo per un pò quasi affiancati. Non va bene. Macchine e moto devono stare lontane per la sicurezza dei motociclisti. Mi impongo di stare davanti e pian piano recupero, fino a che non arriva la manna dal cielo. Un bel nastro d' asfalto che ci porta fino all' ingresso del parco del Jebil. Mi riposo finalmente, ma frequenti, lingue di sabbia alte anche 30 centimetri e lunghe diversi metri, attraversano l' asfalto, provocandomi ansia. Le abbordo riducendo un pò la velocità, culo tutto indietro, colpo di acceleratore appena la ruota davanti si approssima alla sabbia, e poi via con i colpetti di acceleratore fino alla fine. Funziona, ma inizio a sentire la fatica e la schiena inizia a dare i primi cenni di cedimento. Continuiamo a circumnavigare il parco su pista di sabbia compatta, in attesa del primo ristoro. Lo vediamo, ma subito prima dello spiazzo, insidioso un salitone tutta sabbia, una mezza duna. Sono tra gli ultimi ovviamente ed è tutto pieno di tracce. La visione di quella sabbia impestata mi atterrisce. Non è una buona cosa, visto che tutto il giro sarà su sabbia. Non so dove andare. In lontananza vedo il Land Cruiser 200 bianco di Giorgio, che va a cercarsi percorsi impossibili per testare la macchina, ma è troppo lontano e sono certo che di là farei molta strada in più. Vedo un omino in piedi in cima alla salita che si è appostato a fare foto, e decido di andare verso di lui. Mi invento un percorso e.....badabam. La ruota si infila nella sabbia e quasi cappotto. Nulla di ché. Chi ha assistito alla caduta, forse il tipo romano col Land Cruiser 80 nero, mi spiega l' errore e mi aiuta a rigirare la moto. Riparto ed agevolmente arrivo al campo. Ma il morale è rimasto a terra in fondo alla salita. Se da un lato, mi manca la serenità, la consapevolezza di essere in vacanza, ho la sensazione di essere costretto in un ruolo che non riesco a sostenere, non riesco a stare al passo della carovana per il ritmo troppo elevato, dall' altro lato, mi rendo conto che alla fine sono tutto intero e sono arrivato da solo fin qui. Mi avevano detto che il primo giorno sarebbe stato durissimo, che avrei desiderato di mollare, che avrei odiato la mia moto, ma per adesso sono solo stanco e un pò stralunato, ad amo ancora il mio cavallo. Mi ero preparato alla fatica fisica e sto iniziando ad accusarla. Sono molto preoccupato per il mal di schiena che non mi rende autonomo. Ad ogni ulteriore caduta o insabbiamento avrò sempre bisogno di qualcuno che mi aiuti a ripartire. All' aumentare della fatica mi aumenta lo stress psicologico e diminuisce la calma e la lucidità che fino ad ora mi hanno accompagnato, ma che all' ultima caduta non mi hanno dato il giusto consiglio circa la via da prendere. Purtroppo nella mia testa sta' prendendo forma l' equazione, sabbia sciolta uguale caduta, ed io non ho proprio voglia ne di farmi male ne di danneggiare ulteriormente la cavalcatura. Parcheggio. Nico mi chiede se può farmi delle foto vicino alla moto. Sono stressato e non sono in modalità "foto ricordo". Semplicemente mi appoggio al sellino della moto lì dove l' avevo parcheggiata. Nico osserva : "Ma la vuoi fare qui la foto ?", ma io non capisco che era alla ricerca di uno scatto più figo, ed ora mi mangio le mani, perché di foto in sella ne ho pochissime. Mi aggiro ancora stordito per qualche minuto nei dintorni, a piedi, in debito di concentrazione. Cerco svago per la testa. Ho bisogno di alleggerirla. Faccio qualche scatto che ritengo interessante, cerco Giovanni perché mi sento solo ed ho bisogno di lui perché mi sollevi moralmente, ma non lo trovo. Lui è più socievole di me e non soffre di questa situazione. Questa per me è una novità perché mi sono sempre ritenuto un orso, ed un giro del genere, in moto, alla fine è una sfida con se stessi. Un giro a misura d' orso.
   Primo pasto nel deserto. Nuova esperienza. Si entra in queste quattro mura con tetto, e pavimento di sabbia, con le stuoie che ci accompagneranno per tutti i bivacchi posate lungo i muri a ferro di cavallo. Le guide tunisine erano già intente ad arrostire carne, accompagnata da insalata mista di ortaggi di stagione ed olive in salamoia. Seduti sulle stuoie abbiamo consumato rapidamente il pasto.
   Bibo consigliava di non appesantirsi col cibo, e quanto aveva ragione. Prima di riprendere il giro, sempre Bibo mi spiegava quale fosse la postura corretta in piedi sulla moto. Facciamo benzina. Siamo lì allineati in attesa che ci diano il via, ed io tra me e me mi dico : "Ma tu in moto il pomeriggio non ci vai mai perché non ce la fai".  Causa abbiocco post prandiano, di solito riduco al minimo le mie attività pomeridiane. Ripartiamo, ma per me è stata una vera sofferenza. La concentrazione scarsa e le forze poche. Per fortuna il primo tratto è un piattone veloce di sabbia compatta. Non potendo sedermi per la velocità, stavo in piedi culo indietro. Bibo mi affianca e mima la mia posizione col culo a poppa, e mi mostra come correggerla. Grazie Bibo, ma il troppo stare in posizione piegata ha fatto peggiorare velocemente il mal di schiena, e purtroppo per me, la posizione corretta non me lo allevia. Stringo i denti ma sono molto provato. I motociclisti continuano ad allontanarsi, il continuo inseguire ed il non sapere dove andare mi aumentano lo stress, soprattutto perché ora ci stiamo dirigendo verso il deserto pieno e solo un lontano fumetto di polvere mi svela la direzione da tenere. Non me la sto godendo. Sto soffrendo a stare in sella. Sembra una corsa non un tour. La meta oggi dovrebbe essere il monte Tembaine, ma siamo immensamente lontani. Non so quanto sia durato quel piattone, ma comunque non molto. So soltanto che ad un bel momento mi trovo davanti l' altra mezza duna (quella dell' ultima caduta) ma stavolta in discesa. La traccia principale era massacrata ed ai bordi affioravano delle rocce che imponevano una chicane sinistra destra in discesa. La situazione che mia fatto cadere sempre. Ho il tempo di pensare ed invento. Mi tengo a destra delle pietre verso una dunetta vergine. Ma appena scollinato scopro che questa si chiude a ferro di cavallo davanti a me. La via d' uscita a destra era sbarrata da un pietrone che sembrava quello incastrato nel fianco della Costa Concordia ed ancora più a destra un grosso arbusto di erba cammello. Decido di andare diritto e provare a scalare ma mi ficco nel catino e .......badabam. La caduta è stata assolutamente innocua, ma appena rialzatomi dalla polvere, con la faccia paonazza e le tempie che mi pulsavano forte nel casco, ho urlato : "Basta". Non c' era alcun senso logico in quella parola, ma nella mia mente turbinavano tutta una serie di disagi, dolore, prospettive difficili, fatica, stanchezza. Un cocktail micidiale che in un istante mi ha annebbiato la mente ed azzerato il discernimento. Ho cercato di rialzare la moto, ma il dolore alla schiena me lo ha impedito. Davanti a me, in lontananza, una infinita successione disordinata di dune in salita. A quel turbine maledetto si aggiunge la consapevolezza che con i sicuri futuri insabbiamenti, il dolore alla schiena avrebbe raggiunto valori tali da paralizzarmi, come mi è già accaduto in passato, impedendomi anche di godere di un eventuale prosecuzione del giro come passeggero. Arrivano subito Jil, che si incazza dicendomi che sarei dovuto passare tra la duna e la pietra (gulp !) e Giovanni. Tirano su la moto e la spingono per pochi metri in cima alla dunetta, pronta per ripartire. Subito mi ritrovo attorniato da Bibo,Tomas, Enrico, Webbo e Vanessa, smontata da una delle auto. Piegato in ginocchio di fianco alla moto, raccolgo della sabbia e la metto nella borraccia di alluminio dello scudo paramotore. Webbo mi fà : "Che fai ? Così appesantisci la moto !", ma io mi tolgo il casco e comunico la mia decisione di abbandonare. Questo è il Punto Felino, - Lat 32° 58' 32,88" N - Lon 9° 8' 28,32" E - . Io in moto sono arrivato fin qui.
   Giovanni inizia a protestare perché questa avventura dovevamo farla insieme. Come dargli torto. Del resto eravamo già d' accordo che sarebbe salito lui sulla moto ed io sul quad, se mi fossi trovato in difficoltà. Ma nell' agitazione del momento sono stato un mulo. Non ho voluto sentire ragioni. Non volevo esporre la moto ad ulteriori occasioni di danno. Non volevo che nessuno ci montasse sopra. Alla fine non l' ho odiata, anzi, ho rinunciato al tour per la sua incolumità. La voce di Giovanni rimane l' unica a spingermi a rivedere questa mia decisione. Ma se ad un primo esame la cosa mi ha lasciato dispiaciuto, ripensandoci, era la cosa giusta da fare. Nessun altro avrebbe potuto prendersi la responsabilità di far fare a qualcuno, qualcosa che non vuole fare più. Webbo comunica via radio la mia decisione a Mario.
   Rimuginando a freddo quel momento, mi rendo conto di non aver ben interpretato il tour. Tutti avevano una fretta forsennata perché si erano prefissati la meta troppo ambiziosa di Bir Aouine. Il primo tratto di pista era da tutti conosciuto e quindi hanno ritenuto superfluo affiancare la guida alle moto, come poi invece è stato stabilito. Non ho capito che il passo del gruppo lo stavo facendo io, che invece credevo di inseguire. Gli amici del forum erano dietro di me. Le lepri erano gli amici del Nord Est che dell' enduro hanno fatto uno stile di vita. Non ho saputo leggere quanto provati fossero anche gli altri, in special modo Tomas, che separatosi dal suo gruppo, seguiva noi. I segni per indurmi a cambiare idea c' erano, ma non ho saputo leggerli. E' vero, ho sfidato la sorte per ben cinque volte, e per cinque volte è andata bene, a me e alla moto, ma ora posso dire di essere stato avventato.
   Avessi avuto il fegato di tenere il gas aperto ed accompagnare la moto giù per quei solchi, forse questo racconto avrebbe preso un' altra piega..... Non so. In queste situazioni delicate, non mi ha mai sfiorato l' idea di tirare il freno e fermarmi a riflettere. La fretta pu****a. Di lì in avanti la pista era compatta, e poco dopo, a vista, c' era un cordone di dune che ci separava dal bivacco. Lì sarebbe iniziato il tour lento, quello più tecnico con le dune più grandi da salire e scendere. Il deserto vero e proprio. Quello che avevo in mente. Quello che mi avrebbe appagato per il resto della vita. Ora invece rimane un conto aperto che non so se riuscirò a saldare. Oggi mi fà una grande rabbia rivedere le foto di Blackman, di Icio, di Nico e di Cielo, mezzi insabbiati sulle creste, a posare per le foto ricordo, su quel primo cordone che era lì, davanti a me, a meno di tre minuti di marcia. Idiota che non sei altro, quando ti ricapita un' occasione del genere !
   Siamo rimasti lì tutti insieme in attesa della scopa per parecchio tempo, e quando le moto si sono mosse per raggiungere il campo, vedendo Tomas che seguiva tutti, sentendo che le forze mi erano tornate, ho capito di aver fatto la scelta sbagliata. Per un attimo mi è anche passato in mente di dire ad Aref che era venuto a caricare la moto, di lasciar perdere, ma ormai il meccanismo, anche mentale, si era messo in moto. Tra sollievo, rassegnazione e rammarico, si decide di riportare la moto a Douz, per fortuna ! Col pick up raggiungiamo l' hotel Touareg, lì mi metto in abiti civili, ricoveriamo la moto e ci facciamo il deserto di notte. Nell' oscurità Aref vede un' altra macchina che va in fuori pista. Si ferma e fa un pò di manovre per farsi vedere lampeggiando con i fari. Forse ha pensato che si trattasse di qualche turista sorpreso dal buio che aveva perso la traccia giusta. Inquietante. Inizio a gustarmi questa nuova condizione di passeggero. In questa andata e ritorno non mi capacito di quanta strada ho percorso in moto e di quanto bastarda fosse vista dall' auto. Sono circa 80 km. Per me va bene così.
   Trovo il campo già montato tra Tembaine ed El Klikha, con le auto messe in cerchio e tutte le tende strette all' interno. Aspettavo solo l' attacco  dei Sioux a cavallo. Un cuoco mi porge un piatto di cus cus che mi avevano tenuto da parte. Ne mangio poco perché mi è passata la fame. Cerco Giovanni che è già in branda, e pianto la tenda vicino alla sua. Report serale, in cui mi dice che dopo avermi lasciato, i motociclisti si sono persi su quel cordone di dune, alla ricerca del campo. Qui stasera stranamente non si riesce a dormire. Le tende sono così vicine che si sente quello che russa, quello che parla, quello che si agita, quello che scorreggia. Da morire dal ridere. Beh, del resto, questa per me è anche la prima volta in tenda.
"Hic sunt leones"
Vespa PX 125, Morini Canguro 350, Cagiva Elefant 650, Vespa PX 150, Honda XR 650 R AE, Honda NX 650 Dominator.

Leon21

Anch'io reduce da pochi mesi del mio primo viaggio in moto in Tunisia. Ho letto tutte le pagine di questo favoloso tread e mi sono ritornate in mente tanti bei ricordi. L'Africa e i deserto quando ti entrano nel sangue lo fanno in maniera devastante ... nulla sarà più come prima  :-*

Con persone che non conoscevi prima di averci condiviso quegli spazi sconfinati si stabiliscono rapporti indissolubili, come si fosse dei reduci di guerra.

Considero la mia vita in Italia come una parentesi tra l'ultimo ed il prossimo raid desertico  ;) ;) ;) ;) ;)