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LE SENTINELLE DELL’IMPERO I°- LE FORTEZZE AUSTRIACHE DI ROVERETO

Aperto da alves, Settembre 02, 2005, 13:52:04 PM

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alves

LE SENTINELLE DELL’IMPERO I°-  LE FORTEZZE AUSTRO-UNGARICHE DI ROVERETO

INCIPIT
Alla periferia della cittadina in cui vivo c’è una lunga e ampia strada che, attraversando i vecchi quartieri operai dell’800 e del 900, e i vecchi lanifici abbandonati, oramai in rovina, conduce fuori dal paese,  all’imbocco della valle.
Negli anni 30 era il Viale dell’Impero, patetica gloria del fascismo e del suo farsesco capo.
Ora si chiama molto più prosaicamente via Rovereto, chiara allusione al luogo a cui conduce.
Più che un viale è un banale stradone disadorno, senza alberi,con le sue case, le sue botteghe sulla via. In leggera salita arriva ad un piccolo dosso, oltre cui c’è il ponte della Gogna, un modesto torrente che scende dalle vicine colline; ancora pochi metri, e si esce dall’abitato.
Quando guido la mia moto lungo il rettilineo dell’ex-viale dell’Impero, e da lontano scorgo la gobba del ponte, so già che oltre quella invisibile porta mi lascerò alle spalle il tedio e gli affanni d'ogni giorno, almeno per qualche ora, e che mi aspetta un’altra piccola, meravigliosa avventura in sella alla mia XR.
Questo è il momento più magnifico ed intenso di ogni giro. E sono felice.

ACQUA E  LANA
Sono gli elementi che hanno reso prospera Schio, la materia prima delle fabbriche, proveniente dai pascoli montani, e la forza motrice per lavorarla. Sabato mattina incontro entrambi gli elementi, e non è una metafora. Ma andiamo con ordine.
Quando vivi con una infermiera il sonno ci rimette; se il sabato mattina è in turno dalle 7.00, alle 6.00 la sveglia tuona, e buonanotte alla tua dormita; ma stavolta ne approfitto: mi alzo anch’io con lei e mentre la girl veste il camice, il boy infila il casco e parte in moto. Il mattiniero Diego mi aspetta per le 7.15 a casa sua; programma: girare le valli attorno al Pasubio fino alle 13-14.00.
La sera antecedente avevo contatto il Teppo, endurista roveretano, che ci accompagnerà nel suo territorio: con lui il puntello è in cima alla Vallarsa, un’ora esatta dopo la nostra partenza.
All’alba dei sordi brontolii mi destano dal torpore ancor prima della sveglia, ma non sono gli effetti della cena della sera prima nei miei intestini, ma il cielo che fra lampi e tuoni sta rimpinguando le falde freatiche della zona con cascate d’acqua dal cielo.
Diego mi telefona alle 6.30 chiedendo lumi, con voce impastata sospendo la partenza; l’infermiera parte per il suo sacro lavoro, io mi levo in piedi quando altri strani rumori mi risvegliano i neuroni; senza accorgermi della mia vicina in poggiolo,  esco in mutande sul terrazzo e questo è ciò che vedo:


Acqua e Lana

Centinaia di pecore che stanno divorando l’aiola spartitraffico, hanno invaso strada e piazzale del condominio, scagazzando ogni dove, mentre la mia Lei è bloccata in auto con un mulo che la fissa dal finestrino: oltremodo imbarazzante, direi!
Quando i batuffoli di lana a 4 zampe sono passate, anche la pioggia comincia a scemare, la bella infermiera arriva al ritardo al lavoro con la più incredibile scusa di sempre, io rientro nei miei appartamenti ed assiso sul trono in bagno, informo via sms Teppo di mettersi in stand-by.

SI VA
Sgravato di una enorme zavorra (non metaforica) ma altresì preoccupato di aver scompensato il sag del mono-ammortizzatore, causa elevata diminuzione di peso, mi accingo ad abbondante colazione con consulto internet di XR-Italia.
Nel frattempo il tempo volge al bello: non piove più, ci sono solo nuvole gonfie come gavettoni a ferragosto: un sospiro ( od un rutto, per i più veraci) e le cascate possono riaprirsi.
Ma siamo degli x-treme man, la pioggia ci fa solo venire la bronchite e i reumatismi, che volete che sia?
Richiamo Diego: “ Diego, infilati la cerata che alle 9.00 sono da te” e fisso il puntello con Teppo per le 10.00.
Dalla magione di Diego ci portiamo in quota sul crinale montano che conduce al passo di Campogrosso; non piove, ma le piante sono grondanti pioggia, basta sfiorare un ramo sporgente per godere di una doccia fredda. L’umido in terra è assolutamente letale, ogni più piccolo sasso o pietra sporgente una trappola per i tasselli delle gomme, pronte a deviare la ruota in tutt’altra direzione da quella pensata dal pilota. Ma devo dire che siamo carichi al punto giusto, guidiamo al meglio delle nostre capacità, sull’infinitesimale limite che divide la derapata controllata dalla sbandata impazzita. 
Pochissime anime in giro, il tempo è da lupi, qualche boscaiolo a preparare il suo capanno per l’imminente stagione venatoria, alcuni boscaioli, un gruppo di ragazzi al campo scuola che ci incitano ad impennare le moto.
Finora abbiamo percorso quasi esclusivamente scorrevoli sterrati, ma per guadagnare quota ci aspetta una mulattiera con alcuni punti viscidi, soprattutto un piccolo ruscello da guadare; l’umidità qui la fa da padrone sempre, è terra da muschio, verde e folto, ma senza troppi patemi superiamo i punti difficili: stato di grazia o culo sfacciato?

FUORILEGGE NELLA NEBBIA
Al passo di Campogrosso la guida si fa difficile: abbiamo raggiunto l’altezza delle nuvole, siamo immersi in una nebbia acquosa che ci permette solo 2-3 metri di visibilità: guida a fianco della striscia bianca di bordo carreggiata, e faccio fatica a distinguere quella sul lato opposto! Abbiamo i fanali accesi, ma servono a poco niente.
Da Campogrosso non ci sono storie per scendere in Vallarsa; ci sono 2 strade, una interamente asfaltata, l’altra prima bitumata poi sterrata, entrambe vietate.
Scegliamo la seconda.
Procediamo cauti, tergendoci continuamente gli occhiali con il palmo della mano per togliere il velo di umidità, quando 2 fari sbucano a pochi metri davanti a me; è una Fiat Panda che sale in senso contrario, arrivo a 2 metri dall’auto, il guidatore lampeggia gli abbaglianti e leggo sulla portiera la scritta “COMUNE DI …” : MIERDA, direbbe Zorro, una pattuglia di vigilantes, o quantomeno dei dipendenti pubblici che comunque hanno l’autorità per romperci i marones!
Al loro abbagliare spengo il faro, accelero di colpo e sparisco nella nebbia; Diego non ha visto la scritta, ma quando mi vede correre via fa altrettanto.
Impossibile leggere la targa nel nebbione, ma non possiamo correre troppo con la nebbia, inoltre c’è il timore che ci inseguano, dotati come sono si una fanaleria ben più potente; poche centinaia di metri e la nebbia si dissolve di colpo, ancora un breve tratto di strada e il sole fa capolino tra le nubi.
Siamo ormai nel tratto sterrato, l’abbiamo fatta franca, ma si vede che siamo in Trentino; tutti si sentono in diritto di rimproverarci per la nostra presenza: per primi un gruppetto di signori di mezza età che passeggiano lungo la sterrata; nonostante noi si vada a passo d’uomo nell’incrociarli, con massimo rispetto, loro ci fanno segno di disapprovazione con le mani e la testa.

TEPPO TIME
Uno spilungone vestito di verde ci intima l’alt, non è un forestale ma il Teppo, nella sua consueta mise color verde fluorescente, che mal si intona al blu della sua nuova 2 ruote, una magnifica WR400F.
Presentazioni di rito, chiacchiere sul tempo, sulla moto e poi si parte.
Teppo prende il comando; prima un breve preludio su un sentiero che aggira una montagnola, al posto di percorrere la più diretta galleria asfalta; indi una scorrevole sterrata nel bosco, che dopo un po’ tralasciamo per una serie di sentieri appena tracciati nel bosco, quasi invisibili.
Il Teppo avanza cauto tra le felci e gli arbusti, ma anche quando a me sembrerebbe tutto chiuso ci trova il passaggio giusto.
Sbuchiamo in un arioso prato, vicino ad una contrada dove passava le vacanze; gli abitanti del luogo lo riconosco, gli fanno una gran festa, bonariamente gli dicono “Ma che fa in moto nei boschi che non si può!” come se mangiasse le caramelle di nascosto! Ed anche a me e Diego salutano cordialmente, dubito che sarebbe così se fossimo solo noi foresti, è una fortuna girare con un locale.
Un altro bellissimo sentiero in discesa, dal fondo prima selciato, poi di soffice humus, ci porta nei pressi di un lago artificiale, uno dei 3 della Vallarsa.
Qui riprendo il comando.

IL SENTIERO DEI  TRE  GUADI
Il sentiero raggiunge il fondovalle serpeggiando nel bosco, ed appare il torrente. Il rio compie alcune anse fra le formazioni rocciose affioranti, e in poche centinaia di metri ci sono 3 guadi, agevolati da passerelle.
L’acqua non è alta, ma il fondo e costituito da enormi e scivolosissimi sassoni tondi come angurie, dove è assicurato bloccarsi; piuttosto che dragare il fondo del ruscello preferiamo adottare una tecnica di passaggio più morbida: in due, una moto alla volta, a spinta, affrontiamo il primo guado.


Alves al guado


Ops! Sono finito in acqua


No problem: una decisa sgasata e la moto va su!


Secondo guado e seconda passerella


Ma Teppo è ancora alle prese col primo…


Sorrisi per il fotografo


Questo è Diego al secondo guado


Arriva Teppo sulla passerella dei pirati


Terzo ed ultimo guado; qui la tecnica è diversa, pilota sulla tavole e moto accesa in acqua

IL GIUSTIZIERE
Entusiasti dell’avventura appena conclusa, scendiamo la valle; il sentiero diventa una larga carrareccia che in breve ci porta a una contrada.
Una sbarra chiude la strada, ma per fortuna non ha il lucchetto e la si può alzare; ma pochi metri oltre un’auto blocca il passaggio, e il proprietario, in canotta e bermuda, ci viene incontro con fare minaccioso.
Ci dici che di lì non si deve passare, ci chiede da dove veniamo, allora lasciamo parlare Teppo, chissà che sentendo un accento simile non si rabbonisca.
Il Roveretano si toglie il casco e attacca la solita scusa della strada sbagliata e che siamo lì per caso. Ma il tipo non ci casca ed arriva a dirci che comunque noi, con quelle moto, quando siamo usciti da casa e siamo venuti in Vallarsa, avevamo già l’intenzione di andare dove non si doveva, di fare ciò che non si poteva; che sapevamo di turbare il territorio delicato della valle, che la Vallarsa non è adatta a questo tipo di attività; ci vuole far sentire in colpa,  siamo dei peccatori immondi a fare enduro, ecco cosa siamo; poi magari in casa ha 20.000 foto pedofile nel PC, ma chi lo saprà mai?
E avanti, se la prende con quelli delle moto da strada, che sfrecciano su in statale, e noi fuoristradisti giù in valle; e ci sono pure i tedeschi che scaricano le moto dal carrello, e in gruppi di 20 moto scorrazzano e scavano ogni dove, e se tenta di fermarli lo mandano a fare in culo.
Questa dei tedeschi è grossa, sul versante veneto del Pasubio non ne ho mai visti ne sentito parlare, anche se una volta ho trovato un adesivo con una moto da cross, scritto in tedesco; per Teppo questo esagera, in valle dice, i giovani hanno tutti il cross senza targa in cantina, forse sono loro a scappare.
Ecco, dice Teppo, noi non siamo così, ci fermiamo, andiamo piano fra le case, cerchiamo di non disturbare; il Giustiziere acconsente, si, si, lo vedo e alfine ci lascia andare, elargendo pure una pacca sulle spalle a Diego.

ADDIO TEPPO
Sono oramai le 11.30, sono sveglio dalle 6, si impone sosta al bar per panino e caffè; ci sbrachiamo sul terrazzo del bar, con in sottofondo musicale una piacevole mazurca, a discorrere di gioie e dolori, ossia donne e motori.
A noi 3 non ci lega solo la passione per la moto, ma anche l’ostilità delle rispettive partners verso tale mezzo; il Teppo pare quello messo peggio, ma dobbiamo capirla quella povera donna, a vivere con uno che porta i 2 figli a scuola con il WR400 ( non uno alla volta, ma assieme, uno davanti e uno dietro!), che passa il tempo a trafficare sulla moto, a fare birra artigianale e pure allenarsi in bici! Io poi sto raggiungendo l’hit parade nel Libro Nero della sua gentile consorte, in quanto responsabile morale dell’incidente occorso al nostro amico Lancillotto l’anno precedente, appunto durante un giro in moto  assieme.
Il nostro amico ci saluta per tornare a casa a pranzo, noi proseguiamo scendendo la valle, esplorando nuovi sentieri.


Guardate che paesaggio


Troppo invitante questo sentiero


Un filo di terra teso tra 2 muri a secco…


…ed eccolo dall’alto

FORTE POZZACCHIO (WERK VALMORBIA)
Guidiamo felici sopra i sassi della Vallarsa, quando ci si materializza di fronte questo imponente bastione naturale:


Forte Pozzacchio (Werk Valmorbia)

È il forte Pozzacchio, (Werk Valmorbia per gli austriaci); gli italiani lo chiamavano Pozzacchio dal nome del paese alle spalle, gli austriaci Valmorbia dal nome del paese sottostante; una visita è d’obbligo, e tosto saliamo al forte.
Negli anni immediatamente precedenti il primo conflitto mondiale, ai genieri austro-ungarici non sfuggì questa imprendibile posizione a guardia della Vallarsa e della vicinissima città di Rovereto; sfruttando le caratteristiche del luogo iniziarono ad edificare la fortezza, annegata all’interno del torrione roccioso, ed in più rinforzata da barriere in cemento armato.
Il forte avrebbe dovuto essere armato con 2 cupole in acciaio girevoli, dotate di obici da 100 mm, ma non riuscirono ad ultimarlo in tempo; nel 1915 gli italiani riuscirono a conquistarlo, ma nel maggio 1916, durante la famosa Strabe-Expedition, il forte fu rioccupato dagli imperiali e lo tennero fino alla fine del conflitto, mentre i fanti italiani si macellavano cercando di espugnarlo.

Non sono partito impreparato: nello zaino ho la guida tascabile delle fortezze italiane ed austriache, con storia, descrizione, mappe delle strutture, e l’indispensabile torcia elettrica.
Per me che sono appassionato di storia e montagna, queste fortezze hanno un fascino indescrivibile: anche nella loro attuale distruzione, ammirate da fuori trasmettono integra tutta la loro possanza, la loro mole titanica stupisce a quasi 100 anni dalla loro edificazione.
Penetrare nei loro neri abissi emoziona passo dopo passo, ogni nicchia, ogni galleria aveva una funzione precisa, chissà cosa c’era una volta; mi immagino i soldati assediati correre trafelati nelle casamatte, la terra squassata dai colpi degli obici da 380 mm, gli intonaci cadere, il fumo pervadere gli ambienti… poveri soldati.

Per chi volesse visitare tali luoghi mi permetto di suggerire il massimo rispetto e soprattutto attrezzatura adatta e prudenza; senza la torcia (30 cm di torcia!) non saremmo riusciti a scendere all’interno, e non è il caso di farlo con accendini o pilette da portachiavi, si trovano voragini improvvise davanti ai piedi.


Resti della copertura in cemento armato


La sommità del poggio con le feritoie in parete


L’incompiuto blocco casamatte che avrebbe dovuto ospitare le cupole corazzate


L’enorme pozzo che attraversa tutti i 3 livelli della struttura


Vallarsa verso il Veneto


Sul tetto del forte


Il fossato posteriore del forte


Ingresso al complesso sotterraneo


Galleria


Scale intagliate nella roccia


Postazione


Sempre più nelle viscere della terra…


Si domina veramente la valle


Ai livelli più bassi si trovano grandi camere gocciolanti umidità


Ed arrivammo in fondo al pozzo!

VAL TERRAGNOLO
Lasciato il Pozzacchio, la nostra discesa lungo la Vallarsa continua lungo carrabili e sentieri abbarbicati all’erto pendio della vallata; giunti al ponte di San Colombano, nei pressi dell’omonimo eremo incastonato in una verticale parete di roccia, imbocchiamo la nascosta val Terragnolo.
I paesaggi sono incredibili:


Non sembra un canyon del far west?


E gli enduristi non sono i moderni cow-boy?




Da un momento all’altro mi aspetterei di veder comparire Bud Spencer e Terence Hill a cavallo di un ronzino, come nel film “Trinità”…

Purtroppo questo è un paradiso vietato alle moto, una sbarra invalicabile preclude l’accesso al canyon.
Abbandoniamo il fondovalle per un impegnativo sentiero che reca l’indicazione di percorso da cavalli, ma non capisco come facciano i quadrupedi a girare in quei strettissimi tornantini a gomito e a passare in dei solchi dove entrambe le pedane della moto strisciano sulle sponde!
La nostra direzione è verso l’altopiano di Folgaria – Serrada, per raggiungere il quale dobbiamo percorrere un sentiero fatto anni addietro in discesa con Walter.
Sono le 14.00, e dovrei essere a casa; messaggio la Mary che arriverò per le 15.00.
Dopo alcune incertezze trovo la mulattiera giusta, ed il divertimento ha inizio.
Il sentiero corre sempre immerso nella foresta; il passaggio di uomini e mezzi ha asportato la lieve cotica erbosa, e il fondo della mula è tutto un susseguirsi di sassi affioranti, scalini di roccia, lastre di roccia. La pendenza all’inizio non è esagerata, e si sale senza patire; ma appare un bivio non segnato, con entrambe le alternative ugualmente battute. Sinistra o destra? Scelgo sinistra, ed è la scelta sbagliata.
Pochi metri e tutto cambia: il sentiero si restringe ad una monotraccia, la pendenza si impenna, gli scalini si fanno sempre più incalzanti ed alti, pietre grosse come meloni corrono ad infilarsi sotto le ruote, lastroni inclinati lunghi metri mi si parano davanti e c’è pur qualche radice bastarda; guardare per credere:


Foto dal basso


Foto dall’alto, non rende assolutamente la pendenza!


Idem, sembra in piano ma non lo è!

Per fortuna il terreno è molto secco e le gomme riescono a far presa anche sulla roccia, pure con i tasselli posteriori ormai finiti; guido praticamente impennato, con la ruota anteriore che accarezza il terreno, seduto nell’estremo limite della sella, il culo trattenuto dal cadere di fuori solamente dal borsello porta-attrezzi, le gambe che “pedalano” forsennatamente sulle sponde del sentiero per tenere in equilibrio l’insieme moto – pilota.
E poi vorrei dire che in queste situazioni estreme l’XR400 è incredibile: il suo motore “spompato” scende a regimi di rotazione bassi, quasi puoi contare gli scoppi, ma la ruota avanza lenta cm dopo cm, senza scavare il terreno.
In apnea arrivo alla fine, dove il sentiero si riconnette al tracciato principale, decisamente più ampio, tanto che passano delle persone a cavallo.
Il povero Diego è perito molto indietro: un ramo lo ha agganciato ed è stato costretto a fermarsi, e non è stato più in grado di  ripartire, scavandosi la fossa con al ruota posteriore.
Recuperate le energie, riesce ad uscire dalla cacca, eccolo “in action”:


E vaii!

Giunti ad una contrada, assaltiamo letteralmente la fontana, immergendo la testa nel vascone e bevendo “sora aqua” al limite della colica renale.
Ma non è finta; dopo il villaggio la mulattiera abbandona il bosco di latifoglie per i sempreverdi pini, e ci offre una superba rampa di terra e massi; Io riesco a salire, ma Diego proprio non ce la fa e scendo a spingerlo; secondo me paga pegno per aver montato delle mousse molto dure: è vero che non fori, ma il salsicciotto credo tenda a rimbalzare sugli ostacoli, invece di copiarli.
Siamo sfatti, ma il sentiero continua con una lunga salita a fero di cavallo, stavolta tutta di pietre rotolanti; anche qui Diego ha problemi, ma quando sento delle persone scendere preferisco voltarmi ed evitare potenziali contrasti.
Scendiamo fino alla strada sterrata che porta in cima al monte, ed in pochi minuti raggiungiamo i prati in vetta, sferzati dal tempo che sta di nuovo cambiando.
Sono oramai le 15.00, e messaggio la Mary che sarò a casa per le 16.00.


Praterie in quota


Cambia il tempo…

FORTE DOSS DELLE SOMME

Ma siamo a pochi chilometri da un altro gigante del 15-18, possiamo non visitarlo? No, non possiamo.
Dal paese di Serrada saliamo al forte per la splendida strada di accesso, che si snoda fra pinete, piste da sci, vallette e gobbe erbose.
I primi ruderi di caserme sulla strada annunciano la comparsa della fortezza, ed infine eccola:


Forte Doss delle Somme, il corpo principale


Idem

Quest’opera, posta sul ciglio strapiombante nella valle, controllava sia l’altipiano di Serrada che la val Terragnolo, seconda via di accesso dal Veneto a Rovereto.
La pianta da idea di quanto fosse imponente: 3 corpi di fabbrica principali, collegati da lunghe gallerie sotterranee, 4 cupole corazzate, nidi di mitragliatrici, trinceramenti; non ci avventuriamo fra le macerie, dubito che sia rimasto qualcosa di integro la sotto.


La batteria principale


La nebbia sale dalla Val Terragnolo

Sono ormai le 16.00, messaggio Mary che sarò a casa per le 17.00; nessuna risposta dalla base.
Bordeggiamo le ciclopiche rovine della fortezza, seguendo il ciglio dell’altipiano; sotto di noi centinaia di metri di dislivello.


Verso passo Coe

Raggiungiamo il passo Coe, e da li inizia la lunga discesa verso il vicentino; quando varchiamo il confine del Regno ci sentiamo un po’ più a casa:


Ex-confine 15-18

Spezziamo la lunga discesa con una sosta in malga, per comprare un po’ di genuino formaggio di malga da portare in dono a casa, chissà che le consorti ci perdoni il “lieve” ritardo di 3 ore!
Alle 17 in punto siamo a casa, dopo 8 ore di moto, 6 valli percorse, 2 fortezze visitate, un imprecisato numero di km.
Alla prossima puntata con le fortezze della Grande Guerra.

Ciao
Alves








uncleroby

The rule is to improvise, adapt, overcome!

Lancillotto

un mito come sempre Alves  :D

Questa volta mi sento pure nominare  :D... dai che riprendo un pochino a girare... vediamo se Ginevra mi lascia, anche se con molta ansia :D :D

Bravo Teppo e anche a Diego...

Ciao
Se proprio devi comprare una moto da enduro... compra una XR! Ricorda, l'asfalto è ruvido e grattugia anche d'estate: usa le protezioni!

teppo

Io mi sono perso il più bello........
Però chi si accontenta gode e io ho goduto !
L' ho promesso: la prossima scendo io in terra veneta !
Io AVEVO un XR650R/SM del 2000 e vivo a Rovereto, in provincia di Trento.
Ciò che mi invidiano tutti ? chiudo i motori col Motorsil-D e non perdono olio.

duga84

Già...una gran fortuna per noi poter vantarci di posti del genere ed essere in grado di arrivarci in moto soprattutto..!! :-* e con un "prof di storia" come Alves si impara sempre qualcosa! ;)
La vita l'è come la scala del polinar,in salita e pien de schiti!

XR 400 '01  ...e daichenemo!!

[_Sk|zZo_]


Pablo



Giuro davanti a Dio: MAI e MAI Più...
Fino alla prossima volta!!

giggio_VR

Ottimo Lavoro...

ma caspita non potevi messaggiare meno, magari con avvisi di 2 ore in 2 ore

sai com'è, togli e metti i pantaloni ...una fatica

ssskkkeeerrrzzzooo  :-*


L' XR L' HO CONOSCIUTA GRAZIE AD UN AMICO ED ORA DICO GRAZIE ALL'AMICO ;-)

alves

Citazione di: giggio_VR il Settembre 03, 2005, 07:48:12 AM
ma caspita non potevi messaggiare meno, magari con avvisi di 2 ore in 2 ore
sai com'è, togli e metti i pantaloni ...una fatica

Ma allora è per questo che non era arrabbiata, anzi, ma contenta...

Citazione di: teppo il Settembre 02, 2005, 16:12:35 PM
L' ho promesso: la prossima scendo io in terra veneta !

Ogni promessa è un debito...ti aspetto!

Citazione di: Lancillotto il Settembre 02, 2005, 14:26:49 PM
Questa volta mi sento pure nominare :D... dai che riprendo un pochino a girare... vediamo se Ginevra mi lascia, anche se con molta ansia :D :D

Potevi venirci benissimo, è stato lungo ma non impossibile, e poi quando si è in 3-4 se ne esce sempre dai guai ;)

Ciao
Alves

masso

Caspita che posti!! Stupendo!!!  :o :o :o :o
Veramente da National Geographic! 8)

masso
:mukka:     - KLE 500 '03 - XRV 750 '90  --  FIRENZE (ex XR 400)

Cicciarculo

Casa dolce casa... io sono di Serrada (trapiantato a Roma da un po'...)