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AL BROCON COL CAGIVON PART I: I 7 COMUNI

Aperto da alves, Settembre 05, 2006, 10:16:47 AM

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alves

AL BROCON COL CAGIVON PART I: I 7 COMUNI

Passo del Brocon: valico a 1.615 metri di quota, sulla rotabile che collega l’altopiano del Tesino con la Val Vanoi, sul versante orientale del gruppo montuoso di Cima d’Asta, al confine tra Trentino e Veneto.
Lo conoscevo, come si conoscono di nome le centinaia di passi e colli che si leggono scorrendo una carta geografica delle Alpi. Non era assolutamente nel mio immaginario di luogo degno di una spedizione motociclistica, non ne sapevo nulla.
La prima volta che ne sentii parlare in chiave enduristica fu nel 2003, durante un giro sul monte Grappa, accompagnato da Stefano, un endurista Bassanese, che batteva con suo K400 appunto quelle zone.
In seguito, navigando su internet, nel sito EnduroStradali, frequentato da molti appassionati veneti,  trovai diversi, avvincenti resoconti di uscite sul Brocon, e indicazioni utili sulla zona.
Pertanto decisi: sarei andato sul Brocon! Compro una mappa della zona e mi preparo all’ennesima avventura on the road.
Sarebbe stato troppo scontato percorrere tutta la valle del Brenta fino nel feltrino, al paese di Lamon, dove inizia la salita al passo; siccome mi piacciono le cose complicate, mi inventavo un itinerario fuoristradistico attraverso l’Altipiano dei 7 Comuni, in direzione nord-est, per calare in Valsugana su Grigno, e da lì fare il Brocon e il vicino Col Perer.
Ritorno: per il lago del Corlo e il Grappa; giro mostruoso, ma io sono un megalomane.
Per un giro dai così larghi orizzonti, su sterrate scorrevoli, la moto adatta era la Cagiva Elefant 750, e non vedevo l’ora di collaudare le piccole modifiche fatte per renderla più fuoristradistica: manubrio, paramani, parafango posteriore, ecc..

L’ASCESA

Come da copione, nella giornata della gitona il tempo era pessimo, minaccioso di pioggia: Sperem!


Prendo quota sulla pianura      


Le montagne sono più vicine…le nuvole anche!      


Il Costo, pista degli smanettoni con le ipersportive: io schifo questi percorsi…    

Costo vuol dire velocità, follia, sfide, morte; il Costo è quella porzione della SS 349 che porta sull’altipiano di Asiago, una dozzina di km, 10 tornati degni di una pista da GP; è il ritrovo abituali degli smanettoni di tutta la provincia e non solo; il sabato pomeriggio decine, centinaia di moto ipersportive si cimentano su questo circuito stradale, pizzaioli da bar e veri manici, si narra di sfide epiche e di gare a cronometro, seduti sui muraglioni a lato della strada gli sbarbatelli con gli scooter fanno da pubblico. Purtroppo gli incidenti gravi, i feriti, i morti non si contano più, le forze dell’ordine reprimono il fenomeno ma ogni anno il problema si ripresenta; da qualche ci sono 10 postazioni di autovelox fisse, dentro bussolotti di metallo, ma le morti continuano…

NEL CUORE DELL’ALTOPIANO


…a me piacciono di più queste stradine nel bosco!   

Si, molto, molto meglio queste stradine: sto entrando nell’altipiano; arrivarci è come entrare in un’altra dimensione, un mondo parallelo: quando sei ai suoi piedi vedi solo ripidissime pareti rocciose che lo serrano da quasi ogni lato, poi ne superi il ciglio e ti trovi paesi e campagne, boschi e montagne, come se un pezzo di pianura si fosse sollevato di mezzo km rispetto all’intorno, una Atlantide al contrario.
Abbandono l’asfalto per quella che sembra una piazzola di sosta, invece fra la rigogliosa verzura del bosco si apre una sterrata, dritta come le rotaie di un treno.
Ed in effetti di ferrovia si tratta, è l’antico sedime della ferrovia Piovene-Asiago, smantellata negli anni 50.
Fu un delitto: non era remunerativa allora, ma oggi sarebbe una attrazione storico-turistica non da poco.
le vaporiere si arrampicavano sul ciglio del Costo aggrappandosi ad una cremagliera, fra gallerie e dirupi, poi correva fra i pascoli e le foreste di abeti fino ad Asiago.
La locomotiva era affettuosamente chiamata, e con tale nome è passata alla storia, “VACA MORA”.
Sissignori, “VACA MORA”, Vacca Mora; uno scatolone squadrato di lamiera color pece, vapore e carbone, acqua e fumo nero. Penso ai treni superveloci giapponesi, Gli Shinkiasen o come cavolo si scrive, che comunque vorrebbe dire freccia celeste, o qualcosa di simile, che comunque comunichi velocità e potenza; e i semplici abitanti della montagna nemmeno chiamavano il loro treno toro, bisonte o stallone, animali possenti e vigorosi, ma “Vaca”, l’umile, lenta, paciosa vacca, compagna indispensabile della loro esistenza; come la locomotiva sul Costo arrancava lenta sul monte, così il bovino lentamente, quotidianamente forniva di che vivere ai montanari.


Verso le Melette di Gallio   

L’Altipiano è un grande catino: al centro c’è la piana di Asiago e paesi limitrofi, ai margini 2 sistemi montuosi, a settentrione cime oltre i 2000 metri che dominano la Valsugana, a meridione elevazioni più contenute, sui 1300 metri, che scendono per valli parallele verso Cesuna e Asiago.
In queste mi sto inoltrando.


Un groviera di granate, annate 15-18.   

Corro per le sterrate, dal fondo duro, che salgono e scendono con dolcezza, senza strappi, le valli fra i monti Lemerle, Zovetto, Paù, Cima Fonte; siamo quasi sempre dentro la foresta, all’ombra, i raggi del sole fanno capolino tra gli aghi di pino.
Di qui è passata la Grande Storia, quella che si studia a scuola: nel maggio-giugno 1916 gli austriaci lanciarono sul fronte trentino la famigerata Strafexpedition, dall’Adige al Brenta. Sull’Altipiano sfondarono le linee italiane nella piana di Vezzena, caddero i forti Verena e Campolongo, i Kaiserjager occuparono Asiago e quasi tutto l’Altipiano, la fanteria italiana riuscì in extremis a tenere il crinale meridionale dell’Altipiano, ultimo fragile diaframma tra l’esercito imperiale e la pianura.
Queste strade sono l’eredità di quel conflitto, ma anche sacelli, lapidi, cimiteri di guerra; fra questi ultimi colpiscono sempre quelli inglesi, con le loro lapidi di marmo tutte uguali, sempre curati, l’erbetta da giardino del Sussex.
Inglesi, ma anche francesi e perfino americani, mandati dopo il ’16 a rinforzare la fronte; A Schio era stanziato un reparto di autoambulanze americane, fra i suoi effettivi c’era un certo Ernst Hemningway, una lapide all’ex lanificio ca**ola ricorda il suo passaggio; si dice che frequentasse con piacere le numerose osterie del paese: chissà se qualche mio avolo si bevve con lui un “goto” di “clinto” (cagnosissimo vino della zona) sotto qualche pergola!


Verso Gallio   

Il bosco lascia pian piano il posto ad ondulati pascoli della zona centrale dell’Altipiano, la striscia bianca corre fra i prati verdi, in mezzo a piccole colline, non si vede traccia di bitume qui, fantastico!!
Ritrovo l’asfalto a Valbella, stazione sciistica per sciatori alle prime armi; di fronte alle piste si staglia il monte Sisemol, un enorme mammellone erboso, di cui guadagniamo la cima per una stradina erbosa in mezzo a pascoli e stalle.


Non solo carrabili ex-militari, anche stradine erbose ai margini dei pascoli   

Questo panettone mi è caro perché, quando ero obiettore, assistevo una signora ultra novantenne; di nome faceva come mia mamma; non aveva nessuno, le piaceva parlare con me, ero l’unico che avevo tempo e pazienza di starla ad ascoltare nell’ospizio; l’infanzia l’aveva trascorsa a Gallio, e mi raccontava delle gite al Sisemol, d’estate e con la neve, la slitta che correva giù dal pendio; la rendevo felice semplicemente assentendo al racconto, che si, anch’io conoscevo il Sisemol, e forse così si sentiva meno vecchia, meno demente, probabilmente per tanti operatori ignoranti quando nominava il Sisemol o altri luoghi le prendevano come le farneticazioni di una vecchia pazza: di sicuro sarà felice che ogni volta che transito di lì la ricordo.
Il panorama in cima, nonostante il proliferare di seconde case, è super: sotto di me Gallio, tutta la piana di Asiago, l’Ossario dei caduti, più distanti gli altri paesi, Roana, Cesuna; alla mia sinistra i monti monti Lemerle, Zovetto, Cima Fonte percorsi poco prima; alla destra le cime più alte dell’Altopiano, quelle che io chiamo le “Terre Alte”, il monte Fior, l’Ongara, lo Zebio, che nascondono l’Ortigara, Marcesina,  la zona di Cima Dodici e del Portule.
Più vicino, 2 piramidi erbose, 2 castelli in vetta, il forte Interrotto e il forte Verena, oggi non sono nel menù.

MI PIEGO MA NON MI SPEZZO, MI SPEZZO MA NON MI PIEGO: LA FORATURA

Raggiungo Gallio, dove mi rifocillo con cappuccino e brioche; poi vado verso la Valle di Campomulo, famosa per le stazione sciistiche delle Melette e del Centro Fondo Campomulo.
Il primo pezzo è asfaltato, una rampa nera con pendenze del 15%, dove tirare bene le marce!
Oltre il Centro Fondo la via si fa sterrata e prosegue verso l’Ortigara, ma giro subito a destra per un’altra sterrata che scende alla piana di Marcesina; è molto divertente, fondo di ghiaino, salite, discese, continue curve e dossi.
Mi godo il pulsare sornione del bicilindrico Ducati, poche centinaia di giri al minuto per marcia, poi a cambiare per far scorrere la mot sulle pietre calcaree, come un vascello d’altri secoli la Cagiva fende il mare di abeti che compongono la foresta. È metà mattina, mi sto avvicinando allo spigolo Nord-Est dell’Altipiano, da cui calarmi in Valsugana: nel pomeriggio certamente farò mio il Brocon!


Verso Marcesina   


I militari le facevano robuste le strade!      

Si, le facevano robuste le strade, ma anche i malgari di oggi non scherzano: nell’attraversare un cancello aperto, prendevo una forte botta all’anteriore, sulla cunetta di scolo dell’acqua, tanto da deviare la traiettoria della moto. Mi fermo a controllare la ruota anteriore, è tutto OK ,ma quando riparto sento l’inconfondibile sensazione di bucato al posteriore:


MERDA!   

OK, niente panico, al seguito ho tutta la mia attrezzatura da endurista, prelevata dal borsello dell’XR400: 2 camere d’aria da 21 rinforzate, leve, pompa a pedale, cavi, fili, ferri a volontà. Ma il 750 pesa 2 quintali e non ha il cavalletto centrale, per cui smontare una ruota non è una operazione agevole; avendo una bomboletta di Fast, la sparo tutta nella camera, sperando che basti.
Effettivamente la gomma lentamente si riempie, e il morale risale;”OK, sono le 11.00, posso andare velocemente fino a Enego, gonfiare o addirittura cambiare la gomma dal primo gommista, e ripartire verso il Brocon!”, questo il mio piano.
Percorro gli ultimi metri di sterrato, finalmente la foresta si apre e agli occhi si dischiude l’ampia plaga di Marcesina; è un Altipiano nell’Altipiano, una vasta piana lievemente ondulata, tenuta a pascolo, punteggiata di numerose malghe tuttora attive; attorno basse montagnette boscose, ma in realtà siamo abbastanza alti, 1300-1400 metri. Bellissimo, questi spazi sconfinati ti illuminano d’immenso. Sulla parete del rifugio Marcesina è murata una frase di Mario Rigoni Stern, non la ricordo esattamente, ma afferma che l’amore ci sarà ancora finché ci saranno innamorati che desidereranno un giro sulla slitta con i cavalli in una notte stellata d’inverno a Marcesina.
Ma ora non ho tempo per la poesia: quella stronza di gomma si è afflosciata nuovamente!
Mai una volta che il Fast serva a qualcosa: la più grande fregatura del XX secolo!
Piano B: procedere con la gomma sgonfia fino a Enego, distante meno di 10 km, alla disperata ricerca di un gommista, prima della chiusura per pranzo. Coi miei monocilindrici, 125, 600, 400, ho fatto decine di km con gomme sgonfie, e pensavo di farcela anche col Bi: ingenuo che sono! I 130 kg delle mono enduro permettono di farlo, i 2 quintali del Cagiva no: il copertone si schiaccia e si deforma ad ogni giro della ruota, addirittura rischia di stallonarsi ed uscire dal canale ad ogni movimento del cerchione; impossibile raggiungere Enego in queste condizioni, e probabilmente cederebbe prima la frizione idraulica del Ducati, sensibile alle alte temperature.
Piano C: cambiare la camera d’aria: ma dove, nella piattezza di questa landa? Chiedere aiuto ad un vicino bar, o ai villeggianti nelle baite attorno? Quand’ecco che noto, nella vicina cabina elettrica, il basamento in cemento che potrebbe fare al mio caso; scavalco con l’anteriore lo spigolo di cemento, la moto si appoggia sui leveraggi dell’ammortizzatore, e con la ruota posteriore finalmente sollevata da terra posso procedere con la sostituzione.
Allenta i registri catena, sfila il perno, non viene, togli la pinza freno, togli il paracatena, sfila il perno, la catena, la ruota;  il pneumatico ancora caldo si stallona con facilità, la camera da 21” è decisamente abbondante nel cerchio da 17” , ma ci sta lo stesso. 20 minuti di pompaggio con la asfittica pompetta a pedale, ma non mi fido delle fiale di aria compressa, dopo che hanno fatto cilecca sul Pasubio e mi costrinsero a 50 km con le gomme sgonfie! 


Lo spirito dell’enduro: cavarsela da soli invece di chiamare Europe Assistance!   

ADDIO AL  BROCON

Fatta! Sono di nuovo in marcia!
Mi dirigo lo stesso verso Enego, ma suona l’ora del desinare, non un meccanico aperto, nemmeno un benzinaio. Devo rientrare per le 18.00, il Brocon non si merita una toccata e fuga; pertanto rinuncio a scendere in Valsugana, e opto per un lento rientro a casa, percorrendo le Terre Alte dell’Altipiano di Asiago, nel Triangolo Enego, Ortigara, Gallio.
Tento di salire in vetta ai 1.600 m. del monte Lisser, dove sorge l’omonimo forte del 15-18; ma la strada è vietata, “Proprietà Privata” recita il cartello appeso alla stanga, e dei curiosi e sospettosi malgari che mi osservano dalla sottostante baita mi fanno desistere dall’effrazione.
Punto la prua di nuovo verso Marcesina, che raggiungo da est con un giro per me inedito, dagli impianti di risalita di Enego.


Verso il monte Lisser   


I monti del Passo del Brocon e del Col Perer, che oggi vedrò solo così.      


Il Grappa      


Di nuovo verso Marcesina   


Muri di roccia…      


…e di legna.      

Emozionante, come sempre, la sterminata vastità di questi spazi, il verde chiaro dell’erba puntinata dalle macchie bianche delle pietre, il verde scuro delle foreste di abeti, il cielo azzuro e nero, gonfio di pioggia. Pioggia che cade per dei quarti d’ora, e mi costringe ad una sosta forzata sotto ad una tettoia, in compagnia di ciclisti ed escursionisti. 


Attraverso la piana di Marcesina      


Cappella campestre      


Malga Fossetta      

Abbandono la piana, vagando per le sterrate della zona; faccio una capatina a malga Fossetta, dove passai una avventurosa settimana immerso nella natura, esplorando le grotte della zona. Incrocio i primi enduristi delle giornata, chiaramente padre e figlio adolescente, entrambi molto competitivi, su  Beta 4T il genitore, HM o Beta 50 per il ragazzo; salutano, forse sconcertati dal vedere un pilota agghindato pure lui da enduro, ma in sella ad una bisarca a 2 ruote! Decisamente più simpatici di una coppia di enduristi che incontrerò più avanti, rispettivamente su XR600 e TT6000 59X, molto meno racing nell’abbigliamento, che non si fermeranno ad un mio cenno nonostante gli avessi superati apposta per poi fermarmi ad aspettarli.
Passo malga Fossetta, passo il Piazzale Lozze, partenza delle escursioni all’Ortigara; nel frattempo il paesaggio muta, la foresta scompare, solo qualche solitario abete si erge in queste balze; il pino mugo è il signore di questi luoghi,le sue radici affondano nella pochissima terra, i suoi rami striscianti si aggrappano  alla roccia carsica.; macchie di “mugare”, magri pascoli; profondi avvallamenti e cime tondeggianti, roccia carsica, crepata, fessurata, dilavata ovunque; resti di trincee, di opere militari, cippi e cimiteri di guerra.
Anche la strada si fa più dura: stretta, spesso a picco su burroni, dal fondo smosso, o con lastre di roccia affioranti.
La corsa termina alle pendici del Monte Forno, a 1900 m.s.l.m., ennesima postazione militare del 15-18;: è ora di tornare sui miei passi



Ortigara e dintorni      


Le terre alte      

LA DISCESA

Ritorno a valle per la stessa via della salita, Campomulo; ho ancora tempo per una divagazione sterrata, e mi dirigo verso lo Zebio, museo all’aperto della Grande Guerra.
Per arrivarci percorro una divertente mulattiera nel bosco, dove i raggi del sole tramontante, filtrati dalle foglie, creano magici giochi di ombre e luce.
Per raggiungere lo Zebio debbo però abbandonare la mulattiera e percorrere la facile strada sterrata che conduce alla cima del monte: troppo facile per far desistere i turisti “quattroruotedotati” e tante sono le auto che incrocio e che rallentano la mia corsa.
Alla malga non mi rimane nemmeno il tempo di uno spuntino, qualche rapida foto e ripercorro la stessa via, verso Asiago.


Mulattiera verso il monte Zebio      


Pinete sui campi di battaglia dello Zebio      


Malga Zebio      

Ancora qualche suggestivo passaggio nel verde smeraldo dei pascoli agostani, percorrendo le caratteristiche carrarecce orlate da lastre di pietra, ed è veramente tempo di correre a casa.


Fra i pascoli, verso casa.      

Sono comunque stati 230 km di strada e terra: il Brocon l’ho perso, ma l’appuntamento è solo rinviato!

Ciao
Alves

XR17

ex:
Piaggio NRG MC3
Honda XL125R
Honda XR400R
Honda XL650V Transalp

Mezzo attuale:
Beta M4!!!

navaho

Bravo Alves !!!  ;) ;) ;)
... ad ogni nuovo racconto superi te stesso ...
Un mito  :) :)

RAZZO

Interessante sto giro ... quasi quas si potrebbe fare pure con il motard !!  8)

Honda-Razzo.


WAKATADAO RESING TIM

KAZZEMBERGHER TEAM

Lancillotto

Se proprio devi comprare una moto da enduro... compra una XR! Ricorda, l'asfalto è ruvido e grattugia anche d'estate: usa le protezioni!

alves

Citazione di: HONDA-RAZZO il Settembre 05, 2006, 12:17:32 PM
Interessante sto giro ... quasi quas si potrebbe fare pure con il motard !!  8)

Honda-Razzo.

Ma, sai, non conosco le capacità di un motard...sicuramente molti tratti sono percorribili, altri hanno il fondo molto rovinato, ma si potrebba fare anche con le ruote lisce, credo.

Citazione di: Lancillotto il Settembre 05, 2006, 13:38:45 PM
fichissimo... grande come sempre  ;)

Più o meno il giro che abbiamo fatto assieme 2 anni fa, tagliando i pezzi difficili nel bosco.

Ciao
Alves

RAZZO

Citazione di: alves il Settembre 05, 2006, 16:56:19 PM
Ma, sai, non conosco le capacità di un motard...sicuramente molti tratti sono percorribili, altri hanno il fondo molto rovinato, ma si potrebba fare anche con le ruote lisce, credo.

Se uno non le ha proprio lisce secondo me ce la fa !!  ;)
Tipo queste intendo :



Honda-Razzo.


WAKATADAO RESING TIM

KAZZEMBERGHER TEAM

matteoxr

Se il fondo è asciutto si potrebbe organizzare un giro..

Mura

 grande alves, sei uno scrittore (o meglio un narratore) formidabile!!!!  ;)

Pierpower

Grazie per il reportage!  :)

...e complimenti per le foto, davvero belle!
Per prevenire i vermi, non rimanete fermi!

...ho sempre un piede sul motore...
Devo dare di gas
voglio energia
metto carbone e follia...
Odio il pigiama e vedo rosso
se la terra mi chiama non posso
restare chiuso fra quattro mura
ho premura di vivere perciò...

nonsolofango

bel report!sul Broccon ci stiamo stati anche io e i mei amici la sett. scorsa!! :-*
...A VOLTE QUATTRO PORCHI XE MEJO DEL SVITOL...

LucaXr

Bellissime foto e racconto  ;) mi è piaciuto molto!!! ;D

Complimenti

LXR :)

picchio277

Complimenti per foto e racconto!
E anche per i posti visitati ;)